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262 Sonetti del 1832

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LA MAMMA CHE LA SA

  E ccento! Dorotea mommó tte còccolo.[1]
Cuanno parl’io pare che pparli Bbrega![2]
Me vòi fà sfeghetà?[3] Vvedi sta strega
Si sse le va a ccercà ppropio cór moccolo![4]

  Che cc’entra mó si pporteno o nnò er boccolo![5]
Oggnuno cuesto cqua nun te se nega[6]
C’a li capelli sui je dà la piega
Che ppiù jje cricca: e lo capisce un zoccolo.[7]

  Cqua nun ze tratta de capelli, o ccome;[8]
Né ssi li cardinali siin’abbati:
Ma ttutt’er punto nostro era sur nome.

  Duncue io la dico a tté ccome l’ho intesa:
Li cardinali sò accusì cchiamati
Perchè ssò ccardi de la Santa Cchiesa.


Roma, 20 dicembre 1832

  1. Ti batto.
  2. Nome ideale di persona spregevole e da nulla.
  3. Perdere il fiato parlando.
  4. Cercare le busse col moccolo: volerle ad ogni patto.
  5. Quel cannone di capelli che gli abati sogliono portare in semicerchio intorno al capo.
  6. Sintassi dal gusto preciso della romanesca.
  7. Un imbecille.
  8. O altro.
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