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Sonetti del 1832 277

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UN INDOVINARELLO.[1]

  C’è un uscello de razza de cuccù,[2]
Che ccanta sempre e pporta in testa un O,
Che ttiè le spalle de color ponzò,
E ttutto bbianco poi dar mezz’in giù.

  ’Gnitanto crepa e ppoi ritorna su,
E ccampa de zecchini e ppagarò:[3]
Che ppò ffà ttutto cuer che nnun ze pò;
E ccomparze a la morte de Ggesù.

  St’uscello bbianco e rrosso sempre scià[4]
Tanti corvacci neri intorn’a ssé
Che de colore lui li pò ccambià.

  ’Ggnitanto muta nome, e mmó ttiè un G:
Nun ha fijji e lo chiameno Papà:
Ell’e lè, indovinate che ccos’è.[5]

Roma, 23 dicembre 1832.

  1. Un indovinello. [Vedine un altro, del 21 dic. 32.]
  2. [Cuculo. cioè, che cucca la gente.]
  3. Polizzine di pagamento.
  4. Ci ha.
  5. Tutti gl’indovinelli popolari terminano con questa formula.
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