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280 Sonetti del 1832

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LA GABBELLA DER VINO

  L’entrata[1] c’hanno messo a le cupelle[2]
Ve lo dich’io ch’edè: ttutto un ripicco[3]
Der Tesoriere, perchè nun c’è er micco[4]
Che jje dà aggratis da rempì la pelle.

  Ma ssi sto grillo in testa io me lo ficco,
Lui da mé nun ce pijja bbaiocchelle:[5]
Ché a la fine er Governo è ttanto ricco
Da fregasse de tutte le gabbelle.

  Se sa, vvanno a pportà ste grazzianate[6]
A li piedi der Papa, e ’r Papa appizza,[7]
Perchè li strozzi nun zò mmai sassate.

  Er Papa è un cane avanti de ’na pizza:
Si sse la maggna, con chi la pijjate?
O ccór cane, o cco cquello che l’attizza.


Roma, 24 dicembre 1832

  1. Dazio d’ingresso.
  2. La cuppella è vaso di legno, frazione di un barile.
  3. Rappresaglia, picca.
  4. Lo stolido.
  5. Danari in genere.
  6. Suggestioni onde rendersi accetto.
  7. Appizzare: farsi avanti, accedere.
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