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20 Sonetti del 1832

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LA STRAGGE DE LI NNOSCENTI

  Com’er Re Erode fesce uscì l’indurto
De scannà tutte quante in ne la gola
Le crature de nascita in fasciola,
Fu pe’ ttutta Turchia propio un tumurto.

  Le madre lo pijjorno pe’ ’n’insurto:
E mmettenno li fijji a la ssediola,[1]
Fasceveno dì mmesse a Ssan Nicola;[2]
Ma er tempo pe’ ssarvalli era assai curto:

  Ché li sbirri d’Erode a l’improviso
Escheno a imminestrà bbotte, e ’gni bbotta
Vola ’na tacchiarella[3] in paradiso.

  Cristo tratanto sur zomaro trotta,
Verzo l’Eggitto pe’ nnun esse acciso,[4]
E ll’ha scampata pe’ la majja rotta.[5]

12 gennaio 1832

  1. Mettere alla sediola è “porre i bambini al comodo„: lo che dalle madri non si fa sempre per occorrenza, ma spesso per essere più libere nelle loro faccende, ecc.
  2. Protettore de’ fanciulli.
  3. Ogni botta ’na tacchia, proverbio denotante la efficacia de’ colpi. Qui tacchiarella per allusione ai bambini.
  4. Acciso, tolto da’ Romaneschi ai Napolitani. L’espressione de’ primi è propriamente ammazzato.
  5. Proverbio ovvio.
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