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Sonetti del 1832 297

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DATE SCÈSERE A CCÈSERE E DDIO A DDIO

  Citazzione o riscetta, in concrusione
Me la fesce[1] spiegà dda lo spezziale.
Disce:[2] “Hai d’annà da un cert’Abbate Tale,[3]
Ch’è ’r curiale contrario, ar Confalone.„[4]

  Io me faccio inzeggnà strada e pportone,
Vado, me scibbo[5] otto capi de scale,
Bbusso, viengheno a uprì, cchiedo er curiale,
E jje dico: “Ch’edè sta Citazzione?.„

  Lui la guarda, e ppoi disce: “Ah nun zò io
Che cqua vviè pper legabbile,[6] ma cquello
Che sta in cuest’antro studio accost’ar mio.„

  Inteso tanto, io me caccio er cappello
A st’omo pieno de timor de Ddio;
Perch’è ggiusto: oggni aggnello ar zu’ mascello.[7]


Roma, 28 dicembre 1832

  1. Me la feci, ecc.
  2. Il dice è il segnale del mutamento d’interlocutore.
  3. Nome generico.
  4. Luogo che prende il nome da una chiesetta e confraternita.
  5. Mi cibo, cioè: “duro la fatica di fare„, ecc.
  6. Legale.
  7. Proverbio.
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