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298 Sonetti del 1832

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LI RICHIAMI

  Strilleno le province tutte cuante
Ch’er zor Papa, a l’impieghi, arza la feccia;
E ’r zor Papa fa orecchia da mercante,[1]
E llassa pivolà[2] lla crapareccia.[3]

  Va bbe’ cc’oggni Prelato oggi è ggargante,[4]
Ma è ppuro gran faccenna penzareccia[5]
De trovà un prete che nnun zii bbirbante.
Tempo de caristia, pane de veccia.[6]

  Ecchete[7] poi perchè nnoi poverelli
Ciavemo da iggnottì[8] ttutti sti cardi,
Ch’er zor Papa poteva prevedelli.

  Mó li vorebbe fà ppassi gajjardi:
Ma ssó ccastell’in aria sti castelli.
Farà un buscio nell’acqua:[9] è ttroppo tardi.


Roma, 28 dicembre 1832

  1. Non bada: proverbio.
  2. Pivolare: per “querelarsi, gidare.„
  3. Caprareccia: gregge di capre, il nome della quali si dà qui a genti spregevoli.
  4. Ribaldo.
  5. Faccenda da dar pensiero.
  6. Proverbio.
  7. Eccoti.
  8. Ci abbiamo da inghiottire.
  9. Proverbio.
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