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Sonetti del 1832 329

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ER CALLARONE

  Propio è una smania de trincià la pelle
De sti servi de ddio cuer dinne[1] tante!
Se chiama propio un volé ffà l’entrante
Sopra le cose senza mai sapelle!

  Guarda su cquella porta cuanti e cquante
Poverelli affamati e ppoverelle
Preparà li cucchiari e le scudelle
Pe’ la bbobba[2] avanzata ar zoccolante.

  Senza li frati, che ttu cchiami avari,
Come farebbe inzomma a ttirà vvia
Sta frega[3] de scudelle e dde cucchiari?

  Sèntime: infin che cc’è una porteria
Che ss’opri a ssatollà li secolari,
Nun pò vvédese ar monno caristia.


Roma, 8 gennaio 1833

  1. Quel dirne.
  2. Minestra di pane, sovente abborrata di altre grosse sostanze.
  3. Moltitudine.
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