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Sonetti del 1832 335

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ER MARITO CONTENTO

  Te fischieno l’orecchie?[1] Oh vva’ le teste![2]
E a mmé, ssi ccasomai, me rode er naso.[3]
Tu in testa sciài li scrupoli: io le creste.[4]
Potemo sbarattà ccaso pe’ ccaso.

  Le cose noi le famo leste leste,
Nò, Titta? Tu ssei bbirbo e fficcanaso:
Io me metto li panni de le feste:[5]
Du’ còccole,[6] e tte faccio perzuaso.

  Chi mmena er primo lui mena du’ vorte:
Duncue, all’erta, ch’io sò llesto de mano,
E li cazzotti li provedo a sporte.

  Nun ha da preme[7] a vvoi, sor ciarafano,[8]
Si mmi’ mojje me fa lle fusa-torte.
Eppoi, che cc’è da dì? Nnassce un cristiano.


Roma, 9 gennaio 1833

  1. Fischian le orecchie. Dicesi accadere questo fenomeno, allorchè altri mormori di te.
  2. Or vedi i cervelli!
  3. Rodere il naso: aver prurito di piatire.
  4. La collera.
  5. Mettersi i panni delle feste, cioè: “porsi in acconcio di farsi rispettare.„
  6. Busse.
  7. Premere, interessare.
  8. Imbecille.
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