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Sonetti del 1833 351

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LE GABBELLE NOVE

  Bbasta, o ccorpa der forno, o dde la mola,
Er fatto sta cche la paggnotta ar forno
Sce la danno ppiù ppiccola oggiggiorno
De cuelle de San Biascio e Ssan Nicola.[1]

  Tratanto er Papa se ne va in cariola,
E dde tutti sti guai nun ne sa un corno:
Ché ppe’ la lega der zu’ bber contorno
Nun je se pò appuntà mmezza parola.

  Le bbettole, li forni, li mascelli,
Strilleno ar lupo,[2] e sconteno li torti
Cor zangue de noantri[3] poverelli.

  E nnoi c’avemo li cuadrini scorti,[4]
Tenémose[5] da conto li cortelli,
Che de sti tempi sò zzecchini storti.[6]


Roma, 13 gennaio 1833

  1. Certi piccolissimi pani benedetti, efficacissimi contro tante specie di mali, ecc. ecc.
  2. Gridare al lupo: inveire contro i già oppressi.
  3. Noialtri.
  4. Finiti, consumati.
  5. Teniamoci.
  6. Zecchini storti: cose, cioè, da tenersi riposte per l’occasione.
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