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354 Sonetti del 1833

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ER CARZOLARO AR CAFFÉ.

3.

  Oh, adesso che vvienite co’ le bbone,
È un antro par de maniche,[1] fratello.
Mo vve sò schiavo, ve caccio er cappello,
Se toccamo er cinquanta,[2] e vva bbenone.

  Cqua nnun ze fa ppe’ ddì, ccore mio bbello...
Ecco llì: la capischi la raggione?
Oggnuno ha le su’ propie incrinazzione:
A cchi ppiasce la trippa, e a cchi er budello.

  Tu ffai er caffettiere, e tte strufini
Le deta su l’inchiostro: io ’r carzolaro,
E mme va a ggenio er tè cco’ li grostini.

  Io nun ho ggnisun odio ar calamaro:
Lo dichi lui[3] che vva ssu li puntini,[4]
Perch’io nun vojjo er zangue mio[5] somaro.

Roma, 14 gennaio 1833.

  1. È un’altra cosa.
  2. Ci tocchiamo la mano.
  3. Cioè il figlio, ivi presente.
  4. Scrive sui puntini, tracce di lettere.
  5. I figli miei.
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