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Sonetti del 1833 | 359 |
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L'AMMALORCICATO
Ma ccome ha da stà bbene, sciorcinato,[1]
Cuanno, per cristo, è bbestemmio[2] dar vino?
Ognicuarvorta che nun va appoggiato
Casca si ll’urta un’ala d’un moschino.
Ha le grandole[3] gonfie, è accatarrato,
Nun tiè mmanco ppiù un pelo in ner cudino,
Campa de melacotte e ppangrattato,
E sta ppiù ssecco che nnun è un cerino.
Avess’io la patacca[4] de dottore,
Lo metterebbe[5] ar zugo de la bbótte,
Pe’ ffallo[6] aringrassà ccome un ziggnore.
Vorrebbe imbriacallo ggiorno e nnotte,
Ché dd’incaconature[7] nun ze more:
E jje direbbe[8] poi: “Vatte a fà fotte.„[9]
Roma, 14 gennaio 1833
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