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362 Sonetti del 1833

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DOMMINE-COVÀTI

  A Ddommine-covàti sc’è un ber zasso
Più bbianco d’una lapida de latte,
Cor un paro d’impronte de sciavatte,[1]
Che ppareno dipinte cór compasso.

  Llì, un giorno, Ggesucristo annanno[2] a spasso,
Trovò ssan Pietro, che, ppe’ nnun commatte[3]
Cor Re Nnerone e st’antre teste matte,
Lassava a Rroma er zu’ Papato grasso.

  “Dove vai, Pietro?„,[4] disse Ggesucristo.
“Dove me pare„, er Papa j’arispose,
Come averìa risposto l’Anticristo.

  Io mó nun m’aricordo l’antre cose;
Ma sso cch’er zasso ch’io co’ st’occhi ho vvisto
Cristo lo siggillò cco le carcose.[5]


Roma, 15 gennaio 1833

  1. Ciabatte.
  2. Andando.
  3. Combattere.
  4. Qui s’intende che la ignoranza dell’interlocutore confonde i fatti tradizionali.
  5. Le calcóse: vocabolo romanesco antiquato, sinonimo di “scarpe.„ La pietra, di cui qui si parla, conservasi ivi presso, nella Chiesa di San Sebastiano.
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