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Sonetti del 1833 363

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LE LÈGGE.[1]

  Né de mé né de té ssanno[2] ste carte,
St’editti de gabbelle e ggiubbilei,
Ste ladrerie, sti ggiubbilate-dei,[3]
Dove er Papa vò ssempre la su’ parte.

  Aveva ppiù ggiudizzio Bbonaparte,
Che ssenza tanti ggiri e ppiaggnistei
Disceva ar monno: “Questo tocca a llei;„
E bbuggiarava tutti a uso d’arte.

  Er Papa è ccerto una perzona dotta,
Ma ’ggnicuarvorta prubbica una lègge,
Fa ccome la padella: o ttiggne, o scotta.[4]

  Ccusì:[5] Vviva er Pastor, viva la gregge,
Viva er cucchiere e ll’animal che ttrotta,
Viva chi scrive e bbuggiarà cchi llegge.

Roma, 15 gennaio 1833

  1. Le leggi: la e va pronunciata aperta.
  2. Non sanno di nulla.
  3. “Jubilate Deo omnis terra.„
  4. Proverbio.
  5. Le parole che seguono in questo verso e tutto il verso ultimo del sonetto leggonsi scritte a carbone su moltissimi muri delle case di Roma.
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