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364 | Sonetti del 1833 |
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LO SPOSO PROTENNENTE
Vedessi[1] er zor Cajella[2] spirlongone,[3]
Er zor Palamidone[4] stennardino,[5]
Come stava a smiccià[6] cco ll’occhialino
Er babbio[7] e ’r fiocco de le mi’ padrone?
Vedessi cuanno fesce er bell’inchino,
E cco le granfie[8] de gatto mammone
Se cacciò er fongo[9] for der coccialone,[10]
Che jje sce venne appresso er perucchino?
Che zzeppi tiragrosi[11] eh? ma cche zzanne!
Che zzoccoli![12] che stinchi! che llenterne![13]
Nun pare una tartana a Rripa-granne?[14]
La padroncina mia nu lo pò sscerne[15]
E ssi[16] lo sposa, pover’omo a ccanne!
Rivedemo la storia de Lioferne.[17]
Roma, 15 gennaio 1833
- ↑ Vedesti.
- ↑ Di aspetto goffo e di modi e vestimenti antiquati.
- ↑ Lungone, altaccio.
- ↑ Uomaccione maltagliato.
- ↑ Lungo e sottile, come stendardino che precede le compagnie di confratelli che convogliano un morto.
- ↑ Osservare.
- ↑ Viso.
- ↑ Artigli.
- ↑ Cappello.
- ↑ Testa.
- ↑ Mani secche, chiragrose.
- ↑ Piedi.
- ↑ Occhi.
- ↑ Porto maggiore del Tevere.
- ↑ Soffrire.
- ↑ Se.
- ↑ Oloferne.
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