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Sonetti del 1833 387

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ER FOCONE.

  La sai la gran disgrazzia ch’è ssuccessa
A Rrocco er capo-presa,[1] eh Furtunato?
Lui stava ar naviscello ch’è arrivato,
E la mojje era ita a ssentì mmessa.

  Ebbè, er pupo[2] c’aveveno lassato
Ar focone cor fijjo de l’ostessa,
Pe inchinasse[3] a ppijjà una callalessa,[4]
Cascò ssur foco, e cce restò ggelato.[5]

  Penza si[6] cquanno aritornò la madre
Dev’èsse stato er giorno der giudizzio,[7]
E ssi cche inferno ar rivienì dder padre!

  Perde[8] un fijjo accusì,[9] ccerto, è un zupprizzio;[10]
Ma cche faressi[11] a ste madracce ladre
Ch’esponeno[12] li fijji ar priscipizzio?

Roma, 23 gennaio 1833.

  1. Padron di barca, o direttor di essa.
  2. Bambino.
  3. Inchinarsi.
  4. [Calda-a~lesso: castagna lessata.]
  5. Restar gelato: morire all’istante.
  6. Se.
  7. Scompiglio, rovina di confusione e di pianto.
  8. Perdere.
  9. Così.
  10. Supplizio.
  11. Faresti.
  12. Espongono.
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