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Sonetti del 1833 411

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LI FIJJI.

  Disiderà li fijji, eh sora Ghita?
Sì, ppe' le bbelle ggioje che vve dànno!
Prima, portalli in corpo guasi un anno:
Poi, partorilli a rrisico de vita:

  Allattalli, smerdalli: a ’ggni malanno
Sentisse[1] cascà in terra stramortita:
E cquanno che sso' ggranni, oh allora è ita:
Pijjeno sù er cappello, e sse ne vanno.

  Cqua nnun ze pò scappà da sti du’ bbivi:
Si sso' ffemmine, sgarreno oggni tanto:
Si sso' mmaschi, te viengheno cattivi.

  ’Gniggiorno un crepacore, un guaio, un pianto...
E vvòi disiderà li fijji vivi?!
No, nno, Ccommare: Paradiso Santo![2]

Roma, 3 febbraio 1833.

  1. Sentirsi.
  2. [Esclamazione comunissima, con cui s'augura la morte a' bambini. In Toscana, “Paradiso bello!„]
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