< Pagina:Sonetti romaneschi II.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Sonetti del 1833 | 415 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi II.djvu{{padleft:425|3|0]]
ER TEMPO BBONO
Una ggiornata come stammatina,
Senti, è un gran pezzo che nnun z’è ppiù ddata.
Ah bbene mio! te senti arifiatata:
Te s’opre er core a nnun stà ppiù in cantina![1]
Tutta la vorta[2] der celo turchina:
L’aria odora che ppare imbarzimata:[3]
Che ddilizzia! che bbella matinata!
Propio te disce: cammina-cammina.
N’avem’avute de ggiornate tetre,
Ma oggi se pò ddì[4] una primavera.
Varda che ssole, va’:[5] spacca le pietre.
Ammalappena ch’ho ccacciato er viso
Da la finestra, ho ffatto[6] stammatina:
“Hàh! cche ttempo! è un cristallo; è un paradiso.„
Roma, 6 febbraio 1833.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.