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54 Sonetti del 1832

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ER MARITO STUFO

  Un giorn’o ll’antro che pper dio sagrato
Me zompeno le verginemmaria,[1]
Pijjo er cappello e mmé ne vado via,
E mme do a la Pilotta[2] pe' ssordato.

  E ddoppo disce, perché stai ’nciuffato![3]
Si ffussi un’antro in de li panni mia,
Te vorebbe lavà ssenza lesscia[4]
Cuer cucuzzone[5] sempre impimpinato.[6]

  Oh ttiramola via sta carrozzetta:
Ridi, ché inzin che ddura fa vverdura;[7]
Ma nun curatte[8] de vedé la stretta.

  Tu mme voressi vede in zepportura:
Ma io, monta cquassù, ppijja sta fetta:[9]
Propio l’hai trovo, l’hai, chi sse ne cura.

22 gennaio 1832

  1. Mi salgono i fumi, mi montano le creste, ecc.
  2. Sulla Piazza della Pilotta è la Congregazione Militare.
  3. Ingrugnato.
  4. Lisciva, ranno.
  5. Testa.
  6. Acconciato [con artifizio.].
  7. Modo proverbiale.
  8. Non ti curare.
  9. Dicendo le due precedenti frasi, si batte colla mano destra sul braccio sinistro, il quale deve correre anch’esso contro la mano: gesto un po’ turpe.
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