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72 Sonetti del 1832

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LO SCALLASSEDIE

  Già,[1] pe’ ggodé cquarche ffiletto,[2] mone[3]
Lui puro[4] me viè attorno co’ la mucchia.[5]
Pe’ ddì lo disce c’ha bbona intenzione,
Ma a lo strigne li panni[6] se la strucchia.[7]

  Come me pò ppijjà cquer bigantone[8]
Si nun ha antr’arte che sbatte la scucchia,[9]
C’a cquer povero zio ch’è un bucalone[10]
Proprio je succhia l’anima je succhia?

  Io je dico: “Ma ttrova cuarche ssanto:[11]
Chi ddorme, Toto mio, nun pijja pesce„;[12]
Ma llui d’udienza me ne dà ssai cuanto!

  Mamma poi fiacca fiacca[13] me se n’esce:[14]
“si è rrosa fiorirà„.[12] Bbrava! Ma intanto
Magna cavallo mio che ll’erba cresce.[12]

30 gennaio 1832

  1. Sì certo.
  2. Utilità di favori.
  3. Adesso (mò).
  4. Pure.
  5. Co gli altri.
  6. Stringere i panni addosso, vale: “pressare„.
  7. Volge le spalle, si allontana.
  8. Sfaccendato, vagabondo.
  9. Sbattere la succhia (il mento): mangiare.
  10. Baccellone.
  11. Ingégnati, prendi aderenze.
  12. 1 2 3 Proverbi.
  13. Con flemmatica disinvoltura.
  14. Esce dicendo.
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