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Sonetti del 1832 85

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ER BARBIERE

  Sor barbieretto mio da tre ssciuscelle[1]
Mo adesso v’ho da dì ttre ccose vere:
Fà la bbarba e nnun fà scorticarelle,
Cuest’è ll’arte de guasi ogni bbarbiere.

  Se dà[2] cquarche bbarbiere e pperucchiere
Che ffa scorticarelle e ppelarelle:
Ma nun zete[3] che vvoi c’abbi er mestiere
De lassà er pelo e pportà vvia la pelle.

  Sor barbiere der tinche[1] e de la zzugna,[1]
Duncue perchè pe’ ffamme fà ggonfietto
V’ingegnate cór fico e cco’ la bbrugna?[4]

  Ah nnorcino,[5] ah ssciattino[6] mmaledetto,
Pe’ ttrovà chi sse castra[7] e cchi sse sgrugna
Va’ a la Salita de Crescenzi e in Ghetto.[8]

7 febbraio 1832

  1. 1 2 3 Da nulla. [Il senso proprio di sciuscèlla è “giumella.„ Di zugna e di tinche (che non può aver che far nulla col plurale di tinca), non m'è riuscito saperlo.]
  2. [Si dà: c'è.]
  3. Séte: siete.
  4. Si narra di un barbiere che per far rilevare la parte di gota [pe' ffajje fa gonfietto] che doveva radere, introduceva nella bocca del paziente alcuna cosa di queste. Un semplice s’ingoiò la sua prugna, e il barbiere esclamò: “Ah! ci avevo fatto sei barbe, e proprio voi ve la siete mangiata!„.
  5. Gli abitanti di Norcia sono famosi per uccidere i maiali e prepararne le carni: e però chiunque esercita questo mestiere è chiamato norcino.
  6. Nome degli uccisori legali di bestie fra gli ebrei romani.
  7. Nota mancante.
  8. [In Ghetto, tra gli sciattini; alla Salita de’ Crescenzi, tra i norcini veri o metaforici, che allora avevano li molte più botteghe d'adesso.]
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