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94 | Sonetti del 1833 |
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ER ZERVITORE LISCENZIATO
Fijjo, nun biastimà:[1] zzìttete fijjo:
Nun dì[2] ste buggiarate[3] co’ la pala.[4]
Cqua a Rroma un zervitore che ss’ammala,
Si[5] ccerca agliuto,[6] ar più ttrova conzijjo.
A mmé, a ’na frebbe[7] che mme prese in zala
La mi’ padrona m’intimò l’esijjo,
Parlannome lontan da mezzo mijjo
Cor naso tutto pien de madrigala.[8]
Me portai quattro mesi de terzane,
Commattenno[9] la morte co’ la vita,
Senza un bajocco da crompamme[10] er pane.
E cquanno aggnéde,[11] a mmalatia guarita,
Pe’ rripijjà la riverèa,[12] quer cane
Der cammio[13] restò in rollo,[14]e ffu ffinita.
30 ottobre 1833
- ↑ Non bestemmiare. Notisi che qui non è questione propriamente di bestemmia, ma di quella lode che talvolta alcuno dà a persone od a cose, intorno alle quali altri abbia diversa opinione.
- ↑ Non dire.
- ↑ Queste sciocchezze.
- ↑ A bizzeffe.
- ↑ Se.
- ↑ Aiuto.
- ↑ Febbre.
- ↑ Di matricaria.
- ↑ Combattendo.
- ↑ Comperarmi.
- ↑ Quando andai.
- ↑ La livrea.
- ↑ Del cambio: il servitore supplente.
- ↑ Ruolo.
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