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Sonetti del 1833 115

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ER POVERO LADRO

  Nun ce vò mmica tanto, Monziggnore,
De stà llì a ssede[1] a ssentenzià la ggente
E dde dì:[2] cquesto è rreo, quest’è innoscente.
Er punto forte è de vedejje er core.

  Sa cquanti rei de drento hanno ppiù onore
Che cchi de fora nun ha ffatto ggnente?
Sa llei che cchi ffa er male e sse ne pente
È mmezz’angelo e mmezzo peccatore?

  Io sò[3] lladro, lo so e mme ne vergoggno:
Però ll’obbrigo suo sarìa de vede[4]
Si[5] ho rrubbato pe’ vvizzio o ppe’ bbisoggno.

  S’averìa[6] da capì cquer che sse[7] pena
Da un pover’omo, in cammio[8] de stà a ssede
Sentenzianno la ggente a ppanza piena.

21 novembre 1833

  1. Di star lì a sedere.
  2. E di dire.
  3. Io sono. Il lo so, che segue poco appresso, è del verbo sapere.
  4. Sarebbe di vedere.
  5. Se.
  6. S’avrebbe.
  7. Quel che si.
  8. In cambio.
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