< Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
146 | Sonetti del 1834 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi III.djvu{{padleft:156|3|0]]
ER GOVERNO DER TEMPORALE[1]
Ôh,[2] ppenzateve[3] un po’ ccome volete
Ch’er reggno ar Papa je l’ha ddato Iddio,
Io sto cco le parole de don Pio:
“Sete cojjoni assai si cce[4] credete.„
E Ggesucristo ar popolo ggiudio
Sapete che jje disse? eh? lo sapete?
“Io sò vvienuto in terra a ffà da prete,
E nnun è dde sto Monno er reggno mio.„
Che bbella cosa sarìa[5] stata ar Monno
De vede[6] er Nazzareno a ffà la guerra
E a scrive[7] editti fra vviggijja e ssonno!
E, dde ppiù, mmannà ll’ommini in galerra,
E mmette[8] er dazzio a le sarache e ar tonno
A Rripa-granne[9] e a la Dogàn-de-terra.[10]
13 gennaio 1834
- ↑ Il governo temporale.
- ↑ Ôh, interiezione d’impazienza, o conclusione di discorso.
- ↑ Pensatevi.
- ↑ Se ci.
- ↑ Sarebbe.
- ↑ Di vedere.
- ↑ Scrivere.
- ↑ Mettere.
- ↑ Ripa-grande, porto e dogana sul Tevere, per le merci provenienti dalla via di mare.
- ↑ Dogana di terra. L’apocope della parola Dogana non si attribuisca a licenza poetica. Così il popolo dice come noi abbiamo scritto.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.