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150 Sonetti del 1834

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L'ARBERONE[1]

  Immezzo all’orto mio sc’è un arberone,
Solo ar Monno,[2] e oramai tutto tarlato:
Eppuro[3] fa er zu’[4] frutto oggni staggione
Bbello a vvede,[5] ma ascerbo e avvelenato.

  Ricconta un libbro che dda quanno è nnato
È vvienuta a ppotallo[6] oggni nazzione;
Ma er frutto c’arifà[7] ddoppo potato
Pizzica che nemmanco un peperone.

  Quarchiduno[8] me disce d’inzitallo,[9]
Perchè accusì er zu’ frutto a ppoc’a ppoco
Diventerebbe bbono da maggnallo.

  Ma un Carbonaro amico mio me disce[10]
Che nnun c’è antro[11] che ll’accetta[12] e ’r foco,
Perchè er canchero sta in ne la radisce.

15 gennaio 1834

  1. L’alberone. Questa è un’allegoria da cercarne il senso nella Vigna del Signore.
  2. Unico al Mondo.
  3. Eppure.
  4. Il suo.
  5. A vedere.
  6. È venuta a potarlo.
  7. Che rifà.
  8. Qualcuno.
  9. Mi dice d’insitarlo, innestarlo.
  10. Mi dice.
  11. Altro.
  12. La scure.
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