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158 Sonetti del 1834

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LA PARTORIENTE[1]

  Sì, ccommare: pe’ ggrazzia der Ziggnore
E de sant’Anna mó ttutt’è ffinito.
Si ssapessi[2] però cquanto ho ppatito!...
Vergine! e cche ssarà cquanno se more?[3]

  E cco ttutto sto tibbi[4] de dolore
C’è ttanta rabbia de pijjà mmarito?!
E ammalappena[5] avemo partorito
Ce la famo arifà?![6] Cce vò un gran core.

  Ricconta la Mammana, che cc’è stata
’na Santa, che li Papi la mettérno[7]
Drent’ar Martirologgio pe’ Bbeata,

  Che ppe’ ddà a le su’ Moniche arto arto[8]
Un essempio der cruscio[9] de l’inferno,
L’assomijjava a li dolor der parto.

4 marzo 1834

  1. La puerpera. Questi versi debbono esser detti con voce languida, affannosa e interrotta.
  2. Se tu sapessi.
  3. Quando si muore.
  4. Tibi: flagello, disgrazia, quantità di male. Per esempio: Gli è venuto addosso un tibi, che non so come farà. Come salvarsi con quel tibi d’acqua?
  5. Appena appena.
  6. Ce la facciamo rifare? Che poi?
  7. La misero.
  8. Alto alto: sommariamente.
  9. Crucio, per “cruciato, tormento.„
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