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184 Sonetti del 1834

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SAN GIUVAN-DE-GGIUGGNO

  Domani è Ssan Giuvanni? Ebbè ffìo[1] mio,
Cqua stanotte chi essercita er mestiere
De streghe, de stregoni e ffattucchiere
Pe’ la quale[2] er demonio è er loro ddio,[3]

  Se straformeno[4] in bestie; e tte dich’io
C’a la finosomia[5] de quelle fiere,
Quantunque tutte-quante nere nere
Ce pòi riffigurà[6] ppiù dd’un giudio.[7]

  E accusì vvanno tutti a Ssan Giuvanni,
Che llui è er loro Santo protettore,
Pe’ la meno che ssia, da un zeimilanni.[8]

  Ma a mmé, cco ’no scopijjo[9] ar giustacore
E un capo-d’ajjo[9] o ddua sott’a li panni,
M’hanno da rispettà ccome un Ziggnore.

15 marzo 1834

  1. Figlio.
  2. Di questo pronome relativo il romanesco non usa che il femminino singolare, e di questo i soli casi la quale e per la quale.
  3. I due versi antecedenti sono tratti quasi letteralmente dalla Dottrina del Cardinal Bellarmino.
  4. Si trasformano.
  5. Fisonomia.
  6. Ci puoi raffigurare.
  7. I giudei passano per abilissimi maliardi.
  8. Da un seimil’anni.
  9. 1 2 Scopiglio: aglio. Alla scopa e all’aglio è attribuito l’onore di predominare le streghe e renderne innocue le malie.
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