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Sonetti del 1834 195

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LA BBONA MOJJE

  Bbe’, ssò[1] ccontenta, sì: vva’, Ssarvatore:
Fa’ ccome vòi e cquer ch’Iddio t’ispira.
Anzi, io direbbe de portà Ddiomira,
Ch’è in d’un’età da intenerijje[2] er core.

  Bùtteteje[3] a li piedi a l’esattore:
Prega, marito mio, piaggne,[4] sospira:
Bbada però cche nun te vinchi l’ira...
Lassamo fà: cce penzerà er Ziggnore.

  Si tte[5] caccia, nun famme la siconna.[6]
Ricordete[7]in quer caso c’hai famijja:
Soffrilo pe’ l’amor de la Madonna.

  Ce semo intesi eh Sarvatore mio?
Va’, cch’Iddio t’accompagni. Un bascio, fijja.
Addio: fa’ ppiano pe’ le scale: addio.

17 marzo 1834

  1. Sono.
  2. Intenerirgli.
  3. Buttatigli. Il verbo gettare è a questa plebe affatto sconosciuto.
  4. Piangi.
  5. Se ti.
  6. Non farmi la seconda di quella che già. ecc.
  7. Ricordati.
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