< Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

Sonetti del 1834 199

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi III.djvu{{padleft:209|3|0]] 12 Per esempio, la signora Ronzi col signor... Sebastiani, professor di clarino, la signora Malibran col signor Carlo Bériot, professor di violino ecc. ecc., suonatori che le accompagnavano a Roma.      13 Dovunque sono.      14 Dar col bimolle: assestare alcunchè a tempo e luogo.      15 Termine generale, esprimente il suono e la battuta del suono.

ER BOJA.

  Er guajo[1] nun è mmica che cqui oggn’anno
Ar Governo[2] nun fiocchino[3] proscessi:
Li delitti, ppiù o mmeno, so’ l’istessi,[4]
E, ppe’ ggrazzia de Ddio, sempre se[5] fanno.

  Ècchelo[6] er punto indóve sta er malanno,
Che mmo li ggiacubbini se so’[7] mmessi
Drent’a li lòro scervellacci fossi[8]
Ch’er giustizzià la ggente è da tiranno.

  No cch’abbino[9] li preti st’oppiggnóne:[10]
Sempre però una massima cattiva,
Dajje, dajje,[11] la fa cquarch’impressione.

  E accusi, ppe’ llassà[12] la ggente viva,
S’innimicheno er boja, ch’è er bastone
De la vecchiaja de li Stati. Evviva!

18 marzo 1834.

  1. Il guaio: la sventura.
  2. Il Governo è qui inteso pel Palazzo della Giustizia, chiamato con quel nome.
  3. Non abondino.
  4. Sono nello stesso numero.
  5. Si.
  6. Eccolo.
  7. Si sono.
  8. Stravaganti.
  9. Non già che abbiano ecc.
  10. Questa opinione.
  11. Dagli dagli: a forza di operare; col ripetersi di frequente.
  12. E così, per lasciare.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.