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220 Sonetti del 1834

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L'INVETRIATA DE CARTA

  Era du’ ora, e stavo ar mi’ bbanchetto
A ccuscì un tacco a una sciavatta[1] fina,
Quanto... bbùn! ssento un botto a la vetrina,[2]
Eppoi: “Se pò appiccià[3] sto moccoletto?.„

  Io do un zarto[4] e cch’edè?![5] vvedo un pivetto[6]
Tutto-quanto impiastrato de farina,
Che sse[7] sporge co’ un pezzo de fasscina
Tra li fojji[8] stracciati, inzino ar petto.

  M’arzo,[9] agguanto[10] una forma, apro, esco fora,
Vedo una cosa bbianca, e, incecalito,[11]
Do una formata in testa a una siggnora.

  Lei fa uno strillo: io scappo; ma er marito
M’arriva, e mme ne dà, cristo!, c’ancora
Me sce sento er groppone indormentito.

27 marzo 1834

  1. Ciabatta.
  2. Bussola della bottega.
  3. Accendere.
  4. Salto.
  5. Che è? cosè?
  6. Un fraschetta.
  7. Si.
  8. Fogli.
  9. M’alzo.
  10. Afferro.
  11. Abbacinato.
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