< Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

Sonetti del 1834 265

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi III.djvu{{padleft:275|3|0]]

LE CATTURE

  M’arrivò inzino a ddì[1] un cherubbiggnere[2]
Che mmó lloro[3] li ladri, anche a ttrovalli[4]
Magaraddio sull’atto der mestiere,
Nun ze[5] danno ppiù ppena d’acchiappalli,

  Perch’er Governo se pijja er piascere,
Carcerati che ssò,[6] dd’arilassalli;[7]
E un ladro er giorn’appresso è un cavajjere,
Che ffischia bbrigadieri e mmaresscialli.

  Dimola[8] fra de noi, for de passione,
Ner rissciojje[9] li ladri e ll’assassini
Me pare ch’er Governo abbi raggione.

  Li locali sò[10] ppochi e ppiccinini,
E ssenz’ariservà cquarche ppriggione
Dov’ha da mette[11] poi li ggiacubbini?

9 aprile 1834

  1. Sino a dire.
  2. Carabiniere: milizia di polizia corrispondente ai Gendarmi.
  3. Che ora eglino.
  4. Trovarli.
  5. Non si.
  6. Sono.
  7. Rilasciarli.
  8. Diciamola.
  9. Risciogliere.
  10. Sono.
  11. Mettere.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.