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270 | Sonetti del 1834 |
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LI VINI D'UNA VORTA
A ttempi ch’ero regazzotto, allora
Ereno l’anni de ruzzà ccór vino:
Ché sse fasceva er còttimo, ar Grottino,[1]
De bbeve[2] a ssette e a ssei cuadrini l’ora.
E mm’aricorderò ssempr’a Mmarino,[3]
Indove tutti l’anni annàmio[4] fora
D’ottobre a vvilleggià cco la Siggnora,[5]
E cce stàmio[6] inzinent’[7] a Ssammartino.
Llì nnun c’ereno vini misturati
Co cciammelle de sorfo,[8] e cquadrinacci,[9]
E mmunizzione,[10] e ttant’arti[11] peccati.
Bevevio[12] un quartarolo,[13] e ddiscevio:[14] essci:
E er vino essciva: e vvoi, bbon prò vve facci,[15]
’na pissciata, e ssinceri com’e ppessci.
10 aprile 1834
- ↑ Nome di celebre bettola.
- ↑ Di bere.
- ↑ Castello distante undici miglia da Roma, rinomato pe’ vini, dando ancora l’aleatico del gusto di quel di Firenze.
- ↑ Andavamo.
- ↑ Cioè “la padrona.„
- ↑ Stavamo.
- ↑ Insino, sino.
- ↑ Chiamasi far la ciambella al vino una certa cura che gli si pratica con lo zolfo.
- ↑ Quattrinacci: moneta di rame. Gli osti infondono del rame nel vino per fargli acquistare un gusto forte e piccante.
- ↑ Munizione da fucile. Il piomba dà al vino un sapor dolce.
- ↑ Altri.
- ↑ Bevevate.
- ↑ Misura di capacità della quarta parte di un barile.
- ↑ Dicevate.
- ↑ Buon pro vi faccia.
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