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Sonetti del 1834 | 275 |
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ER CORZO ARIFATTO
Ggià cche ssemo cascati in sto discorzo,
Chi dde li nostri vecchi s’aricorda
Che ssii vienuta mai l’idea bbalorda
De scirconnà dde chiavichette er Corzo?[1]
Tratanto, pe’ sto sfasscio, uno c’abborda
A le bbotteghe, ha da strillà ssoccorzo
S’un pontiscello ppiù stretto d’un torzo,
Come che ffussi[2] un ballerin’in corda.
Nun c’era prima er chiavicon de Fiano?
Nun c’era er chiavicon de l’Incurabbili,
E ’r chiavicon der Colleggio Romano?[3]
Nun bastaveno ppiù ttre cchiaviconi,
Bbellissimi, grannissimi e pparpabbili
Peggio de tre ttrapassi de portoni?
11 aprile 1834
- ↑ Si allude alla attuale nuova livellazione della Via del Corso, fiancheggiata di due uniformi marciapiedi a gradino, lungo i quali ricorrono a brevissime distanze due linee di bocchette destinate a ricevere gli scoli della strada.
- ↑ Come se fosse, ecc.
- ↑ Le due rimosse chiaviche, una incontro al Palazzo Ottoboni de’ Duchi di Fiano e l’altra presso la principale entrata dell’Ospedale di S. Giacomo, de’ così detti Incurabili, e la terza conservata ad un angolo della Fabbrica del Collegio-Romano, contigua al Corso verso la Ripresa de’ Barberi. In queste tre sole chiaviche si scaricavano prima torrenti che lungo il Corso scorrevano in tempo di pioggia, e spesso così gonfi da impedirne l’accesso.
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