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Sonetti del 1834 293

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ER CAPO DE CASA

  Presto, a ccena, per dio, bbrutte marmotte,
Ché ddomani è la Santa Concezzione.
Nu lo sapete, vacche bbuggiarone,
Ch’entra er diggiuno e cc’è la mezzanotte?[1]

  Ch’edè sto lavorà? Cche mme ne fotte[2]
Si nun ze sarda[3] er mese de piggione![4]
Quer che mme preme a mmé è la riliggione,
E nnò un cazzo[5] er pagà, ssore miggnotte.[6]

  E ttu, ccaroggna, allevi le tu’ fijje,
Cristo sagrato, senza dajje mano[7]
A cconossce[8] le feste e le viggijje?

  Quanno che ssenti mentovà Mmaria,
Disce la Santa Cchiesa a cchi è ccristiano,
Nun dimannà ssi cche vviggijja sia.[9]

19 aprile 1834

  1. Lo stesso scrupolo della mezzanotte sente in Roma il curiale che in quel giorno abbia tradito il suo cliente, l’usuraio che mediti la rovina di una famiglia, e il ladro che si disponga a forzar dopo la mezzanotte l’uscio del suo vicino.
  2. Che importa a me, ecc.
  3. Se non si salda.
  4. La plebe suol pagare il fitto delle case a mesate, di modo che le corrisposte annue sono loro al tutto sconosciute.
  5. E non affatto.
  6. Signore bagasce.
  7. Senza dar loro aiuto.
  8. Conoscere.
  9. Modo proverbiale della romana devozione.
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