< Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
298 | Sonetti del 1834 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi III.djvu{{padleft:308|3|0]]
LA PRIMA GRAVIDANZA
Arifretti,[1] Costanza, che ssei mojje,
E, avenno[2] avuta ggià cquarche mmancanza,
Si er bonificio[3] tuo nun z’arissciojje[4]
È ssegno, fijja mia, de gravidanza.
Dunque, abbada[5] a nnun strìggnete[6] la panza,
E nnu stàtte[7] a smarrì ppe’ un po’ de dojje.
E ccasomai te vienìssino vojje,
Nun te toccà la faccia,[8] sai Costanza?
E ssi[9] vvai a Ssan Pietro, io te conzijjo
De dìjje a la scappona[10] un paternostro
A la lontana ar men de mezzo mijjo.
E nun guardàllo[11] mai quer brutto mostro,
C’avessi[12] Iddio ne guardi da fà un fijjo
Moro come che llui ppiù de l’inchiostro.[13]
20 aprile 1834
- ↑ Rifletti.
- ↑ Avendo.
- ↑ Beneficio.
- ↑ Non si riscioglie.
- ↑ Bada.
- ↑ Stringerti.
- ↑ Non istarti.
- ↑ È generale e costante opinione che se una donna gravida tocchi qualche parte del suo corpo nel momento che appetisca un oggetto, il feto ne contrae subito l’immagine sulla parte corrispondente a quella toccata.
- ↑ Se.
- ↑ Di dirgli in fretta.
- ↑ Non lo guardare.
- ↑ Cosicchè avessi, ecc.
- ↑ La statua di S. Pietro è nera.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.