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310 | Sonetti del 1834 |
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ER LINNESTO[1]
Sia bbenedetto li Papa Leoni,
E ssin che cce ne sò,[2] Ddio li conzoli;
C’ha llibberato li nostri fijjoli
Da st’innoccolerie[3] de vormijjoni.[4]
Vedi che bell’idee da framasoni
D’attaccajje[5] pe’ fforza li vaglioli
Pe’ ffajje arisvejjà[6] ll’infantijjoli[7]
E stroppiàcceli[8] poi, come scroppioni![9]
Iddio scià[10] mmessa la Madre Natura
Su st’affari, coll’obbrigo prisciso
De mannà[11] cchi jje pare in zepportura.[12]
Guarda mó, ccazzo!, pe’ ssarvajje[13] er viso
Da du’ tarme,[14] se[15] leva a una cratura[16]
La sorte d’arrobbasse[17] er paradiso.[18]
21 aprile 1834
- ↑ L’innesto.
- ↑ Ce ne sono.
- ↑ Queste inoculazioni.
- ↑ Il vajuolo arabo. Si allude all’abolizione fatta da Leone XII dell’istituto di vaccinazione ecc., ed allo scioglimento de’ sudditi della Chiesa dall’obbligo di esibirgli i loro figliuoli.
- ↑ Di attaccargli: attaccar loro.
- ↑ Per far loro risvegliare.
- ↑ Convulsioni infantili.
- ↑ Storpiarceli.
- ↑ Scorpioni.
- ↑ Ci ha.
- ↑ Mandare.
- ↑ Sepoltura.
- ↑ Salvar loro.
- ↑ Tarme: le vestigie del vajuolo.
- ↑ Si.
- ↑ Creatura.
- ↑ Di rubarsi.
- ↑ Massima favorita della Ch. M. del Cardinale Severoli, tenuto da Leone XII per l’oracolo dello Spirito Santo.
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