< Pagina:Sonetti romaneschi III.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

Sonetti del 1834 347

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi III.djvu{{padleft:357|3|0]]

L'ARME PROVÌBBITE

  Je[1] sta bbene a st’infami framasoni,
E ’r Governo è un gran omo de punilli.[2]
Impareranno a rriportà[3] li stilli
E li verdùchi drento a li bbastoni.

  E ha rraggione de dì[4] Ppadre Perilli[5]
Che ddu’ anelli da piede a li carzoni[6]
Sò,[7] ddoppo de la forca, lli ppiù bboni
Medicamenti pe’ gguarì li grilli.[8]

  E ggià cch’er Papa storce[9] de curalli
Drento in ne lo spedàr[10] der cimiterio,
Vadino a scopà Rroma,[11] e bbuggiaralli.

  Chi pporta l’arme ha da morì in catene,
Eccett’a nnoi[12] che in tanto diavolèrio[13]
Si pportamo[14]er cortello, è a ffin de bbene.

23 maggio 1834

  1. Gli.
  2. È da riputarsi grand’uomo, quante volte li punisce.
  3. Riportare, nel senso di “portar nuovamente.„
  4. Di dire.
  5. Frate conventuale, intrigante, istigatore e spia del Governo.
  6. Due anelli appiè dei calzoni.
  7. Sono.
  8. Grilli: idee esaltate.
  9. Storce: non consente.
  10. Spedal.
  11. Allude alle opere pubbliche, alle quali i condannati s’impiegano.
  12. Eccetto noi.
  13. In tanto sconvolgimento di cose.
  14. Se portiamo.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.