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350 Sonetti del 1834

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LA DIFESA DE ROMA

  Co ttutto che a Ssan Pietro sc’è un Papaggno[1]
Che cce tratta da passeri e cce pela,
E dda settantadua torzi de mela[2]
Un antro ne vierìa sempre compaggno,

  Puro[3] abbasso la testa e nnun me laggno
Quann’essce quarch’editto che tte ggela;
E cqui a Rroma sce sto pperchè oggni raggno
È attaccato e vvò bbene a la su’ tela.

  E io nun faccio com’e vvoi, nun faccio,
C’ar più mménomo assarto de gabbella
Ve se sente strillà: Cche ppaesaccio!

  Che ccorpa[4] sce n’ha Rroma poverella
Si un governo affamato allonga er braccio
E vve se viè a vvotà ppila e scudella?

27 maggio 1834


  1. Papagno, qui sta per “Papa„, ma in romanesco vuol dire: “pugno, percossa.„
  2. Con “Settantadue torzi di mela„ si intendono i cardinali (che in realtà erano, però, settanta).
  3. Pure.
  4. Colpa.
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