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38 Sonetti del 1833

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LASSATELI CANTÀ

  Dicheno er Papa ch’è ccattivo,[1] e cquello
Ha una bbontà dda nun potesse crede.[2]
Badat’a vvoi, nun j’imprestate fede
A cchi pparla accusì ssenza vedello.

  Io pòzzo dì[3] cc’ar lago de Castello[4]
Me je bbuttai pe’ tterra; e llui me diede,
Con rispetto parlanno, a bbascià er piede
Co un’umirtà ppiù ppeggio d’un aggnello.

  Nun basta: mentr’io stavo in ginocchione,
S’incommidò er zant’omo d’arzà un braccio
E ddàmme[5] puro[6] la bbonidizzione.

  Più: pperch’io stavo llì ccome uno straccio,
Se scanzò llui medemo, e un zovranone
Lassò a mman dritta un povero cazzaccio.


Roma, 4 maggio 1833

  1. “Dicono che il Papa è cattivo„: esempio di costruzione volgare.
  2. Da non potersi credere.
  3. Posso dire.
  4. La terra di Castel-Gandolfo, che trae il suo nome dall’antica famiglia romana dei Gandolfi, da circa otto secoli a questa parte passò per diverse dominazioni prima di cadere sotto l’assoluto dominio dei Papi che ora vi hanno la loro villeggiatura. È posta sopra una delle colline che circondano il Lago Albano, famoso specialmente per l’emissario scavatovi dai Romani nell’anno di Roma 357, durante la guerra coi Vejenti, per opera dei tribuni militari Cornelio e Postumio.
  5. Darmi.
  6. Pure.
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