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74 Sonetti del 1833

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ER MONNO[1]

  Vedi mai nove o ddiesci[2] cór palosso
Attorno a un ber[3] cocommero de tasta,
Che inzinamente[4] che cce sii rimasta
’na fetta da spartì, ttajja ch’è rrosso?[5]

  Accusì er Monno: è ttanto granne e ggrosso,
E a nnove o ddièsci Ré mmanco j’abbasta.
Oggnuno vò er zu’ spicchio, e ppoi contrasta
Lo spicchio der compaggno e jje dà addosso.

  E llèvete[6] li scrupoli dar naso
Che nnoi c’entramo per un cazzo:[7] noi
Semo monnezza[8] che nnasscémo a ccaso.

  Ar piuppiù ciacconcedeno[9] er ristoro
De quarche sseme che jje casca, eppoi
N’arivonno[10] la mmànnola[11] pe’ llòro.

10 settembre 1833

  1. Il mondo.
  2. Nove o ddieci: sottintendi “persone.„
  3. Bel.
  4. Insino.
  5. Taglia, ch’è rosso: dicesi anche nelle circostanze di una determinazione ferma di spacciare alcun chè.
  6. Levati.
  7. Che noi mai ci entrassimo per nulla.
  8. Siamo immondezza.
  9. Ci concedono.
  10. Ne rivogliono.
  11. Mandorla.
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