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86 | Sonetti del 1833 |
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ER GALOPPINO[1]
Dico, pe’ ccristallino fino fino,[2]
Quanno ve n’anneressivo[3] a ffà fotte?
Ma nun v’abbasta mai, eh sor paino,
De sgranà[4] le mi’ povere paggnotte?
Viè ppe’ ddu’ ggiorni, e mmommó[5] ssemo inzino
Da sei mesi e un po’ ppiù cche ggiorn’e nnotte
Me se ròsica l’osse crud’e ccotte,
Manco s’io fussi er fìo[6] der Re Ppipino.
Disce: t’agliuto[7] a ccosce[8] l’ova-toste.[9]
E cquelle ch’arifate a la cassetta?[10]
E cquell’antre che vv’èrivo[11] anniscoste?
Quest’è ccome er rosario de Ninetta,[12]
Quanno contempra[13] l’agliuto de coste
De la Madonna a Ssant’Elisabbetta.[14]
27 ottobre 1833
- ↑ Il parasito.
- ↑ Questa frase è uno de’ trovati de’ cristiani scrupolosi per bestemmiare e non bestemmiare.
- ↑ Quando ve ne andreste.
- ↑ Di divorare.
- ↑ Or’ora.
- ↑ Il figlio.
- ↑ Ti aiuto.
- ↑ Cuocere.
- ↑ Gli uovi-duri.
- ↑ Che rifate al cesso.
- ↑ Quell’altre che vi eravate.
- ↑ Caterinetta.
- ↑ Contempla.
- ↑ Della quale Madonna è voce che stesse tre mesi con suo marito mangiando e beendo alle spalle di Zaccaria.
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