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SONETTI DEL 1834



TITTA A TITTA.[1]

 
  Senti, mi’ nome.[2] Fin da quanno io ero
Tant’arto,[3] me disceva mamma mia:
«Fijjo, in gnisun incontro che sse sia, [4]
Nun dì mmai nero ar bianco e bbianco ar nero.

  Pe’ cqualunque vernisce je se dia,5
Quello ch’è ffarzo nun diventa vero.
Co li padroni tui vacce sincero,
E nun fà cche tte trovino in buscìa».[5]

  La santa Verità ssai quante pene
10M’ha sparaggnate ar monno? Un priscipizzio.[6]
L’ho ssempre detta e mme ne trovo bbene.

  Quest’è ddunque er gran punto ch’io te prèdico,
Pe ssarvà onore e ppane in ner zervizzio.
Tu ppisscia chiaro e ffa’ le fiche ar medico.[7]

25 novembre 1834

  1. Giambattista
  2. Così dicesi a chi porta il proprio nome.
  3. Tant’alto, e così dicendo si fa un segno colla mano distesa a qualche altezza dalla terra.
  4. Si sia.
  5. Bugia.
  6. Una infinità.
  7. Proverbio.
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