< Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

Sonetti del 1835 115

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:125|3|0]]

ER TEMPORALE DE JJERI

  Ciamancava[1] un bon quarto a mmezzanotte,
Quanno, tutt’in un bòtto[2] (oh cche spavento!),
Sentìssimo[3] un gran turbine, e ar momento
Cascà cqua e llà ll’invetrïate rotte.

  Diventò er celo un forno acceso, e, ddrento,
Li furmini pareveno paggnotte.
Pioveva foco, come quanno Lotte
Scappò vvia ne l’Antico Testamento.

  L’acqua, er vento, li toni, le campane,
Tutt’assieme fascéveno un terrore
Da atturasse[4] l’orecchie co’ le mane.[5]

  Ebbe pavura inzin Nostro Siggnore;
Ma ppe’ Rroma nun morze antro[6] c’un cane.
Cusì er giusto patì pp’er peccatore.

24 gennaio 1835

  1. Ci mancava.
  2. All’improvviso.
  3. Sentimmo.
  4. Turarsi.
  5. Colle mani.
  6. Non morì altro.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.