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120 Sonetti del 1835

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LA MORTE DE TUTA

  Povera fijja mia! Una regazza
Che vvenneva[1] salute! Una colonna!
Viè una frebbe,[2] arincarza[3] la siconna,
Aripète la terza, e mme l’ammazza.

  Io l’avevo invotita[4] a la Madonna.
Ma inutile, lei puro me strapazza.
Ah cche ppiaga, commare! che ggran razza
De spasimi! Io pe’ mmé nun zò ppiù ddonna.

  Scordammene?![5] Eh ssorella, tu mme tocchi
Troppo sur farzo. Io so cc’a mmé mme[6] pare
De vedemmela[7] sempre avanti all’occhi.

  Fijja mia bbona bbona! angelo mio!
Tuta mia bbella! visscere mie care,
Che tt’ho avuto da dà ll’urtimo addio!

28 gennaio 1835

  1. Vendeva.
  2. Febbre.
  3. Rincalza.
  4. Questo invotire consiste nel fare assumere alle guarite una veste di baracane nero o violaceo e lucido, con attaccati ai fianchi due pendenti nastri coi colori di quella tal Madonna da cui si ripete la grazia.
  5. Scordarmene.
  6. A me mi. Vedi per questa ortografia la nota...
  7. Vedermela.
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