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128 Sonetti del 1835

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LA SEPPORTURA GGENTILISSIMA

  Sganàssete de ride.[1] Er mi’ padrone
Ha ddato scento scudi senz’usura
A li frati de San Bonaventura[2]
Pe’ avé un zeporcro a ssu’ disposizzione.

  Nun te pare un penzà ffor de natura?
Nu la credi una spesa da minchione,
C’uno ch’è ssenza casa e sta a ppiggione
Abbi poi da crompà[3] una sepportura?

  Lui disce sempre a li fijji e a la fijja,
Che cquella fossa apprivativa[4] è un loco
Che pprepara pe’ ssé e ppe’ la famijja.

  Disce: “Fijjoli cari, da cqui avanti
Cqua, ssi Ddio sci dà vvita, a ppoc’a poco
Sci saremo inzeporti tutti quanti.„

2 febbraio 1835

  1. Sganasciati dal ridere.
  2. Chiesa di Francescani riformati, sul Palatino.
  3. Comprare.
  4. Privativa.
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