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158 | Sonetti del 1835 |
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ER GALATEO CRISTIANO
1.
Una vorta, ar passà d’un Cardinale
In qualunque carrozza co l’ombrello,[1]
Le ggente s’affermaveno[2] in du’ ale,
E ttutti je cacciaveno er cappello;
E Ssu’ Eminenza, ar vede[3] quer zeggnale
De stima, s’affacciava a lo sportello,
E ssalutava co’ rrispetto uguale
Er granne e ’r ciuco,[4] er ricco e ’r poverello.
Piano piano però lli ggiacubbini,
Nimmichi a mmorte de le bbone usanze,
Sso’ rriussciti a llevà ppuro[5] st’inchini.
Cos’è ssuccesso? In grazzia de ste panze[6]
Oggi er Zagro Colleggio è a li confini
De nun zapé ppiù un c....[7] le creanze.
5 aprile 1835
- ↑ ["Col mantice,„ o, parlandosi come qui di carrozza tutta chiusa,"col cielo.„]Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte
- ↑ Si fermavano.
- ↑ Al vedere.
- ↑ Il grande e il piccolo.
- ↑ Pure.
- ↑ Panza, panzanera: nomi di spregio a gente abbietta. [Derivati dal mostrare tra i panni ogori e scarsi la pancia annerita dal sole. E panzanera e panzenere son voci vive anche nell'Umbria; ma come a Roma, grazie al cielo, vive soltanto nel senso metaforico.]
- ↑ Non saper più affatto.
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