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Sonetti del 1835 161

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LI GGIOCHI D'ARGENTINA.[1]

  Jerzera, a la commedia,[2] quer zor Pianca
Che ccammia er vino in acqua e ll’acqua in vino
E vve fà pparé omo un burattino,
Er tutto pe’ vvertù de maggìa bbianca,

  Volenno quarche oggetto piccinino
Da fà sparì, cco la su’ faccia franca
Se vortò da un parchetto a mmanimanca,
E ll’annò a cchiede ar Prencipe Piommino.[3]

  S’ha da sapé cch’er Prencipe, un po’ avanti,
Nun vòrze[4] fà una somma ar giucatore,
Pe’ ccui sce lo ssciusciòrno[5] tutti quanti.

  Dunque a st’antra[6] dimanna, che ffu cquesta:
“Me dia quarcosa piccola, siggnore„,
La ggente je strillò: “Ddajje la testa.„

6 aprile 1835

  1. Ne’ venerdì del carnevale 1834 in 35 al Teatro di Torre-Argentina il giuocoliere Carlo Pianca dette una serie di ricreazioni fisiche e di destrezza.
  2. Commedia si prende e si dice dal volgo per “teatro.„
  3. Il primogenito del principe di Piombino, don Antonio Duca di Sora.
  4. Non volle.
  5. Sciusciare: fare con la bocca, ad altrui scorno, quel suono indicato benissimo dal suono della prima sillaba di questo verbo.
  6. [altra.]Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte
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