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176 | Sonetti del 1835 |
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ER ZEPORCRO IN CAPO-LISTA
Chi vvò ggode[1] un zeporcro stammatina
Che tt’arillegri e cche tte slarghi er core,
Bbisoggna annà a Ppalazzo, e avé l’onore
D’èsse in farde[2] e dd’entrà a la Pavolina.[3]
Che pparadis’in terra! che sprennore![4]
Quante cannele![5] e ttutta scera fina.
Pare un inferno! E tt’assicuro, Nina,
Che cce potrebbe stà un Imperatore.
Io sciappizzai[6] l’antr’anno de sti tempi,
E mm’aricordo sempre d’avé ddetto
Che sti sfarzi che cqua[7] ssò bbrutti esempi.
Per via ch’er Gesucristo de le cchiese
Che sse vede trattà da poveretto,
Pò ssartà in bestia e bbuggiarà[8] er paese.
16 aprile 1835
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