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Sonetti del 1835 177

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ER METTE DA PARTE

  Je le do ttutte vinte! È ffijjo solo,
Cerco d’accontentallo come posso.
Disce: “Mamma, me fate er dindarolo?.„[1]
E io ’ggni festa j’arigalo un grosso.

  Me sce spropio,[2] lo so, mma mme conzolo
Ch’è ttanta robba che jje metto addosso.
E llui ggià ffa la mira a un farajolo
Cor castracane[3] e ’r pistaggnino rosso.

  Li regazzi, se sa, da piccinini
S’ha da avvezzalli de tené da conto
E ffajje pijjà amore a li quadrini.

  Ccusì, cquanno sò ppoi ommini grandi,
Nun sciupeno,[4] e a ccosto anche d’un affronto
Nun te danno un bajocco si[5] li scanni.

18 aprile 1835

  1. Salvadanaio.
  2. Mi ci sproprio: mi ci rovino.
  3. Pelo di Astracan, detto a Roma astracane.
  4. Non dissipano.
  5. Se.
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