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Sonetti del 1835 215

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TERZO, RICORDETE DE SANTIFICÀ LE FESTE

  Jeri er Vicario,[1] essenno l’Asscenzione,
Disse a lo stampatore cammerale:[2]
“Questa è ggiornata d’ozzio e dd’orazzione;
E nnun ze stampi nè in bene nè in male.„

  Figuret’oggi poi che ccunfusione!
La gran folla arrivava pe’ le scale;
E ddrento se pò ddì cc’oggni mattone
C’aveva fatt’Iddio sc’era un curiale.[3]

  E ssai stasera quanta ggente arresta[4]
Senza distribbuì le su’ scritture![5]
Ma cquesto cosa fa? jjeri era festa.

  Però pper allestì ll’antro palazzo
Der Zanto Padre, se lavori pure;
E cqui la festa nun importa un c.....[6]


29 maggio 1835

  1. [Il Cardinal Vicario.]
  2. La Stamperia Camerale gode la privativa delle stampe forensi, e dal Governo si affitta.
  3. Nella prossima tornata del Tribunale della Rota, si dovevano portare infinteFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte cause, per essere quella la prima dopo le vacanze dette delle purghe (Erunt potiones).
  4. Resta.
  5. Se le scritture non sono distribuite nella stabilita sera ad un ora di notte, o poco più, la causa va in contumacia.
  6. Il Palazzo Lateranense ridotto già da Leone XII a ricovero de’ poveri, e dal regnante Gregorio restituito con enorme dispendio all’antico splendore, onde farvi una colezione prima di dar la benedizione solita dalla gran loggia della Basilica nel giorno dell’Ascensione.
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