< Pagina:Sonetti romaneschi IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.
228 Sonetti del 1835

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Sonetti romaneschi IV.djvu{{padleft:238|3|0]]

LA FICCANASA[1]

  Slongate er collo assai voi, sora Marta.
Ve scappa forzi[2] de sapé un tantino
Che ccosa sc’è drento a sto fiasco? È vvino.
Odoratelo, e annateve a ffà squarta.[3]

  Quanno er padrone mio sta ar tavolino
E ccrede ch’io je guardi quarche ccarta,
Disce sempre: “Né ccòccolo s’incarta
E nné mmano s’inarca,[4] sor ficchino.„

  Ggià, cche sserve a pportavve le raggione?[5]
Lavà la testa all’asino è l’istesso
Che spregacce lesscìa,[6] tempo e ssapone.

  Voi me parete a mmé ccome li preti,
Che sse farìano[7] turchi e ccosce[8] allesso
Pe’ smania de sapé ttutti li peti.[9]

10 giugno 1835

  1. Curiosa.
  2. Vi preme forse.
  3. Andatevi a fare squartare: andatevene.
  4. Nec oculus in charta, nec manus in arca, lo dicono frequentemente tutti i vecchi. Gli altri si contentano di un equivalente italiano.
  5. Portarvi le ragioni.
  6. Sprecarci lisciva.
  7. Si farebbero.
  8. Cuocere.
  9. Tutte le minuzie.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.